M’ama o non m’ama?

Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

La banalità della brutalità

Il patriarcato è molto più infimo di così.

M’ama o non m’ama?

“Finalmente primavera! Ti ricordi quel bel tubino corto che ho comprato con i saldi quest’estate?”

“Certo Margherita, l’hai comprato mentre ti aspettavo fuori da quel negozietto in centro…!”

“Sì! Fausto, oggi che finalmente fa caldo posso metterlo, pensavo di abbinarlo con gli stivaletti di pelle neri…”

“Quali?”

“Beh… degli stivaletti carini che uso ogni tanto, sono quelli che ho nella foto con te in discoteca su Instagram!”

“Quella dove hai il rossetto nero e la minigonna? La sera in cui ti scopai la prima volta?”

“Beh, che facemmo l’amore…”

“Amore, quella sera ti ho scopata perché mi eccitavi troppo.”

“Anche tu, Fausto!”

“Ti ricordi chi scattò quella foto? Eri ubriaca e svampita come sei figurati!”

“Un tuo amico…?”

“Esatto. La scattò Alberto. Sai cosa mi disse?”

“Aspetta, quello che mi toccava sempre il culo quando eravamo in coda? È uno stronzo!”

“Stai zitta e non parlare così dei miei amici, capito?”

“Ma…”

“Zitta! Ti toccava il culo perché eri vestita da puttana. E ti ho scopato perché sembravi una puttana, come tutte le volte che esci con le tue amichette!”

“Fausto, ma…”

“Ho detto zitta! Hai capito? Zitta.”

“Ma perché fai così?”

“Vuoi che ti tiri uno schiaffo? Ho già i coglioni girati, quindi non ti ci mettere anche tu oggi.”

“Ma cos’ho fatto…?”

“La puttana. Ti piaceva farti toccare il culo da Albi! Quando mi succhiavi il cazzo in bagno facevi l’amore eh? Come no!”

“Mi piacevi…””Anche tu, perché eri una gran puttana e lo sei rimasta.”

“Fausto, vaffanculo!”

È in questo momento che le virgolette prendono una pausa.

Lo schiaffo.

Margherita piomba sul letto proprio come un petalo al vento che si stacca dal suo fiore, una margherita, appunto: m’ama o non m’ama? Ma in quel momento non c’era tempo per chiederselo.

Fausto non tergiversò nel continuare quanto aveva cominciato.

“Così vuoi uscire con le tue amichette con quel bel vestitino da puttana e farti fottere dal primo che passa, vero? Sì perché sei solo una puttanella! Ma adesso ti faccio cambiare idea”

D’un lampo la lampo dei pantaloni s’abbassò, per buttarsi sul letto addosso a Margherita

“Fermati, non adesso, per favore, basta!”

Margherita cominciava a piangere: era spaventata. Non aveva più il controllo del suo corpo, ogni tentativo di dimenarsi per liberarsi dalla violenta presa di Fausto era inutile, ogni tentativo di evitare la penetrazione, vano. Ma soprattutto era spaesata.

Fausto, Fausto mi vuole bene, pensava quel petalo sul letto. Forse, quel petalo era quello del non m’ama.

Margherita non ha avuto scelta, è stata violentata proprio da colui di cui più si fidava.

Certo Margherita in quel marzo inoltrato non poté più indossare quel bel tubino che acquistò d’inverno, certo non fu libera, libera di uscire con le amiche, libera di essere, se non di essere morta.

Fausto fu processato per omicidio doloso, per giungere alla prescrizione in appello poiché il fatto non ha fonti probatorie che ne confermino l’accadimento nella plausibile veridicità del’accusa, come recita il decreto penale.

Margherita era un fiore colto, così senza più petali, rimaneva un ramoscello raccolto.

M’ama o non m’ama?

M’anima.


E Davide?

È fidanzato e convive con Greta, la migliore amica di Margherita. Si sono conosciuti al lavoro, svolgono lo stesso mestiere, dividono le spese della vita quotidiana, nonostante lei guadagni meno.

“Comunque Davide vorrei chiedere al capo un aumento, alla fine facciamo lo stesso lavoro ma tu guadagni di più”

“Ok, ma ora dormiamo che domani c’è il trigesimo di Margherita, d’accordo? Buonanotte amore”

“Ok, ti amo”.

“Anch’io ti amo, Matilde”

“Come mi hai chiamato?”

“Amore ti prendevo in giro!”

“Sai cosa? Vaffanculo!”

“Dai, non fare così!”

“No, hai rotto il cazzo, so benissimo chi è Matilde, so che spii il mio telefono e io spio il tuo! Non ce la faccio più!”

“Greta, calmati! Non ho nulla da nascondere!”

“Io sì, perché ho paura di fare la fine di Margherita e sì, sono una puttana, ma non la tua!”

Non so che cazzo ho scritto, ma in ogni caso Greta si alza dal letto vincendo le trattenute vane di Davide, che piange, implorandola di restare, dichiarandole amore eterno.

Greta passeggia per strada, ascolta i Cigarettes After Sex con le sue cuffiette, interrotti costantemente dalle molteplici notifiche di messaggi di Davide.

Lo blocca, ovunque.

È Diretta verso l’abitazione di sua madre, a circa un kilometro ormai alla destinazione, nella prima periferia di Bologna, in una tarda notte in cui altro non si può fare se non monologare con l’asfalto e con le stelle.

I lampioni illuminano il cemento, per un attimo una fugace percezione del movimento della propria ombra la spaventa.

Passa un ragazzo in bicicletta, si scambiano un cenno di saluto, il ragazzo sembra proseguire nel mentre Greta si guarda le spalle accelerando il passo, è anche stanca.

Dietro di lei non c’è più nessuno, il cammino prosegue in questa notte forse un po’ fredda.

Greta sobbalza.

È un’ombra ma questa volta non è la sua.

C’è un altro corpo, una bicicletta, un contatto fisico, Greta viene spinta, perdendo l’equilibrio e cadendo sull’asfalto.

Il tempo di alzare lo sguardo per rivedere lo stesso ragazzo che ha salutato prima incrociandolo nel cammino.

Il tempo di capire che non avrebbe fatto in tempo a prendere lo spray al peperoncino, rendendosi conto dell’evidenti intenzioni di questo sconosciuto di una notte che di tranquilla ha solo la parvenza.

Quel lasso di tempo in cui compare Davide, la stava seguendo, che aggredisce lo sconosciuto in bicicletta.

Quel lasso di tempo in cui Greta ha dinnanzi a sé un solo enorme pericolo: gli uomini.

Farà in tempo a fuggire, a rincasare dalla madre, dove vive anche il fidanzato di quest’ultima.

Nonostante le vicissitudini legate allo stalking, ma non mi va più di scrivere.

Greta avrà un lieto fine.

Visione consigliata

The Handmaid’s Tale (Il Racconto dell’Ancella)

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